QUADRO STORICO - RELIGIOSO

All'indomani delle laceranti scissioni, che si verificarono nella prima metà del '500, la chiesa di Roma avvertiva la pressante esigenza di una radicale riforma, che anzitutto riportasse la gerarchia ecclesiastica all'ordine morale e d'altra parte offrisse adeguate risposte agli sconvolgenti ripensa­menti dottrinali operati da Lutero e da altri riformatori pro­testanti.

E' nel 1545 che finalmente una geniale intuizione di Paolo III di indire un concilio, si concretizza nell'apertura dell'Assise tridentina, i cui lavori restituiscono alla funzione pastorale della Chiesa cattolica una ritrovata vitalità, sia nel senso di un rinnovamento spirituale e della riscoperta dei valori fondamentali della morale cristiana, sia nel senso di una organizzazione globale della gerarchia ecclesiastica.

Se, da una parte; lo spirito di rinnovamento della Chiesa Cattolica, espresso dal Concilio di Trento, aveva rigenerato un ormai assopito senso di spiritualità, d'altro canto non poche volte fu preso a pretesto, da parte di fazioni politiche, di principi e sovrani europei, per scatenare sanguinose battaglie, passate nella tradizione storica come « guerre di religione », le cui vere motivazioni erano tutt'altro che religiose.

Lungo il '600 i papi avviarono una capillare opera di moralizzazione delle strutture di governo della Chiesa, compiuta soprattutto dall'instancabile azione pastorale di Inno­cenzo XII (1691-1700). La crisi di coscienza, cui si intende rimediare, riguarda non solo le polemiche tra cattolici e protestanti, ma le polemiche stesse tra cattolici, la degenerazione del sistema dei benefici, accompagnata ad altre forme di progressivo degrado delle istituzioni ecclesiastiche.

La Chiesa si venne a trovare in stato di maggiore debolezza alla fine del XVIII secolo, proprio quando, almeno nei paesi cattolici, la pratica religiosa era ancora molto dif­fusa. Il mondo della cultura andava sempre piu distaccandosi da essa, si svilupparono le società segrete e il papato perse progressivamente prestigio e peso. E' l'epoca della Rivoluzione Francese (1789), che travolge come una grande bufera tutto quanto lasciava intravvedere un qualche compromesso con quello che allora si andava defInendo come l'« Ancien règime ».

La Rivoluzione francese abolisce i privilegi ecclesiastici, sequestra i beni della Chiesa, decreta l'elezione dei parroci e dei vescovi da parte del popolo, e a Pio VI, che risponde con una legittima condanna, reagisce infliggendo contro la Chiesa francese le più terribili pene. La Chiesa, messa bruscamente di fronte a una prodigiosa trasformazione del mondo, risultato della quadruplice rivoluzione, politica, scientifica, economica e sociale, fu obbligata a modificare alcune delle proprie istituzioni.

Fin dall'inizio del  XIX secolo ne risultò un rafforza­mento dell'autorità pontificia, liberando la Chiesa dagli antichi legami, rivelando nel contempo la profondità della fede cattolica e la necessità, da parte dell'autorità civile, di fare i conti con la forza spirituale ch'essa rappresentava.

Si spiega così il fatto che i rapporti tra Stato e Chiesa venissero definiti da nuovi concordati, il primo dei quali fu quello concluso da Bonaparte (1801). Tali concordati, pur riservando all'autorità politica il diritto di controllare le elezioni episcopali, permisero al popolo di dar vita e vigore alle Chiese nazionali e di difendere i propri indirizzi.

Rafforzata la propria autorità verso gli Stati, il papato attinse dalla prigionia imposta da Napoleone a Pio VII, una nuova aura di prestigio, che durante il pontificato di Pio IX divenne addirittura esaltazione della persona del Papa. Investito di un potere assai largo sul piano dottrinale, in seguito alla definizione, ad opera del Concilio Vaticano I, del dogma dell'infallibilità, proprio nel momento in cui la perdita definitiva dei suoi stati l'obbligava ad abbandonare le sue preoccupazioni politiche (Presa di Roma, 20 settembre 1870), il papato rafforzò gli strumenti della sua azione sotto i pontificati di Pio IX e Leone XIII (1879-1903).

Il crollo dello Stato pontificio tuttavia tocca solo margi­nalmente l'azione pastorale e missionaria della Chiesa. Infatti Leone XIII, nonostante lasci invaudato il « non expedit» dell'ormai defunto Pio IX, ha una visione chiara del problema sociale, e presto pensa di delineare in un enciclica la dottrina sociale della Chiesa. Cosi nasce la « Rerum nova­rum », primo grande testo sociale dei pontificato, con cui la Chiesa, sebbene in ritardo di quarant'anni sul «Manifesto del partito comunista » di K. Marx, tuttavia arriva a rispondere alla rivoluzione marxista con dignità e coraggio ed oggi si rivela quanto mai attuale davanti al definitivo crollo dei regimi totalitari comunisti.

 Alla morte di Leone XIII (1904), divenne papa PioX. Il papa, in ambito italiano, ebbe modo di impegnarsi in questioni diplomatiche e politiche, soprattutto alla vigilia delle elezioni politiche del 1904, quando ormai tramontava «l'Età giolittiana » e cominciava a nascere il timore per la imminente ascesa del partito socialista. Infatti Pio X attenuando il vigore del «non expedit», diede la possibilità al mondo cattolico di partecipare a quelle elezioni.

Più tardi, il 28 giugno 1914, come è noto avviene in Bosnia l'attentato di Sarajevo. Il 23 luglio l'Austria invia l'ultimatum alla Serbia: è subito la prima guerra mondiale. Il 3 settembre viene eletto a succedere a papa Sarto, intanto morto profondamente amareggiato dallo scoppio del conflitto mondiale, Benedetto XV. Il nuovo papa, il pn.mo agosto 1917, esorta a terminare « l'inutile strage », con un messaggio appassionato e angosciato, suscitando però proprio fra i cattolici interventisti più accaniti il disprezzo pubblico.

Solo il 4 novembre 1918 il suo appello viene ascoltato, dopo che il mondo è stato a lungo insanguinato.

Il Papa intanto si dedica anche a questioni interne alla Chiesa, promulgando nel  '917 il Codice di diritto canonico, e all'Italia, ponendo fine al « non expedit », consentendo quindi ai cattolici di fare politica.

Succcessore di Benedetto XV fu Pio XI, durante il cui pontificato vi fu una vivace ripresa della politica concorda­tana. Poiché la guerra aveva provocato un profondo rivolgimento nella geografia politica d'Europa, alcuni vecchi Stati, come l'impero asburgico, erano scomparsi e molti nuovi Stati erano sorti, la Santa Sede cercò di garantire, attraverso accordi con i nuovi Stati, le posizioni già acquisite in passato o di assicurarsi spazi di presenza e di libertà dove l'azione della Chiesa poteva essere minacciata dalle nuove realtà politiche.

Si collocano in questo contesto molti dei concordati stipulati dalla Santa Sede nel dopoguerra. E così anche in Italia, il 3 febbraio 1929, sono già pronti un trattato ed un concordato che saranno firmati l'il seguente nel palazzo del Laterano, da parte del segretario di Stato cardinale Gasparri e del capo del governo italiano Mussolini.

Nell'ultimo tratto di pontificato, Ratti si trova a raccogliere lacrime e spine proprie dalle iniziative in cui riteneva situata e garantita una pace sicura, cioè i rapporti con il governo fascista in Italia. Già nel '30-'33 Mussolini, sobillato dai « gorilla » del partito, contesta alla Chiesa il diritto di associazionismo universitario, giovanile, religioso e militante.

Intanto morto Pio XI, salì al soglio pontificio Pio XII, le cui prime preoccupazioni andavano al nuovo conflitto mondiale che si stava delineando sull'orizzonte europeo.

Nonostante gli sforzi compiuti, che esortavano le parti a desistere dalle ostilità, la guerra scoppiò e fu una vera catastrofe, un cataclisma che travolse il mondo intero, di fronte al quale il Pontefice non poteva che rimanere profondamente costernato, nella speranza di una prossima ed imminente pacificazione.

Al termine della guerra (1945), il Papa s'impegnò nella riorganizzazione e nel riassetto degli organismi della Chiesa, opera compiuta strenuamente fino alla sua morte avvenuta nei 1958.